G.
John BergerLo troveremo, raffinato involontario europeo ante litteram, nelle principali città degli stati-nazione degli anni a cavallo tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento: Parigi, Milano, Londra, Trieste. Cosmopolita, poliglotta, innamorato di altrove, costeggerà con l’interesse freddo dell’osservatore distante i grandi rivolgimenti storici, politici, sociali, tecnologici della sua epoca, spingendo il suo sprezzo per la vita “come ci è data” fino a morirne.
Attraverso un’arditissima scrittura romanzesca, che di continuo si ferma a interrogarsi su se stessa, sul ruolo del narratore, sull’impossibilità di descrivere senza distorcere, sul desiderio dello scrittore (fatale alla verità) di dire tutto, Berger indaga l’asimmetrico assetto della Storia. Da una parte i potenti, dall’altra i deboli e gli espropriati e, più specificamente, come sia andato disegnandosi lungo l’asse del potere il ruolo delle donne e quello degli uomini, quali abusi siano stati tacitamente subiti o siglati dalle prime e perseguiti dai secondi, con quali effetti di deformazione sulla vita dei due sessi e della società nel suo complesso. G. come Garibaldi. G. come Don Giovanni. G. come il nome che John Berger dà – o sceglie di non dare – al protagonista del radicale romanzo/saggio che nel
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